(dal
secondo capitolo del mio romanzo regency)
Era
un piacevole pomeriggio di inizio aprile, l'ideale per una
passeggiata nel parco. Alicya sospirò, contrariata perché ad
accompagnarla non ci sarebbe stato Gordon, che le aveva inviato un
messaggio di scuse, ma solo sua sorella Anne. Probabilmente Gordon
non aveva intenzione di impegnarsi davvero con lei, benché la sera
precedente avesse proclamato che erano quasi
fidanzati.
Forse aveva saputo della sconsiderata passione di Nigel per il gioco
d'azzardo e non voleva trovarsi coinvolto nei suoi possibili
problemi. Se era per quello non poteva dargli torto ma nemmeno
impedirsi di ritenere che non l'amasse abbastanza da tollerare una
parentela del genere. Come cognato avrebbe potuto allontanare Nigel
dal gioco, esercitando su di lui un'influenza positiva che
contrastasse con quella negativa di lord Darkwood, il corrotto
individuo che Nigel ammirava e cercava di emulare.
Come
avrebbe voluto dirgli il fatto suo, al conte. Se fosse stata un uomo
l'avrebbe sfidato a duello. Invece non poteva fare niente, solo
dimostrargli la sua disapprovazione ogni volta che ne aveva
l'occasione. Perché Nigel non si rendeva conto di quanto fosse
pericolosa la strada che aveva imboccato? Quando tentava di farlo
ragionare lui si metteva a scherzare, trattandola come se fosse una
bambina. Forse avrebbe dovuto parlare con lord Darkwood, chiedendogli
di lasciar stare suo fratello. L'avrebbe ascoltata o avrebbe riso di
lei? Detestava l'idea di abbassarsi a domandargli qualcosa, ma non
poteva assistere senza fare niente alla rovina di Nigel. Sospirò
ancora una volta. Avrebbe tentato. Doveva tentare. Magari in lui era
rimasta una traccia di coscienza e avrebbe potuto appellarsi a
quella.
...
Lord
Darkwood la fissava e lei avrebbe voluto fuggire via, dove i suoi
occhi non avrebbero potuto raggiungerla. Aveva scordato le frasi che
aveva immaginato di rivolgergli e non sapeva come porgli la sua
richiesta.
«Cosa
posso fare per voi?» le domandò il conte con un tono cortese in cui
le parve di cogliere una nota di divertimento.
«Milord,
vi prego di non frequentare più mio fratello» disse infine lei
tutto d'un fiato.
Quasi
ridendo lui replicò: «Insolito davvero. Mi è stato detto da
qualche gentiluomo di non rivolgere le mie attenzioni alla sorella ma
è la prima volta che una signora desidera che mi tenga lontano dal
fratello.»
«Avete
risvegliato in Nigel l'interesse per il gioco d'azzardo. E lui non
può permettersi di continuare a perdere.»
«Credete
che sia io a trascinarlo?»
«Lo
avete accompagnato nelle bische peggiori» gli ripose con tono irato.
«L'ho
introdotto in alcuni locali, è vero. Ma solo perché mi aveva
chiesto di farlo. E certo non sono io a indurlo a sedere al tavolo
verde.»
Alicya
guardava lord Darkwood e lui continuava a tenerle gli occhi addosso,
l'espressione ironica. Le stava mentendo di sicuro. E si stava
divertendo alle sue spalle. Lo odiò più di quanto già non
l'odiasse.
«Non
vi credo» ribatté con decisione. «Sono certa che senza la vostra
influenza Nigel smetterebbe di recarsi in quei luoghi.»
Sulle
labbra del suo interlocutore passò una strana smorfia che avrebbe
potuto essere anche un sorriso: «Che cosa curiosa. In nome di cosa
mi domandate di rinunciare a un'amicizia? Quando vi ho invitata a
ballare non avete nemmeno accettato. Perché pensate che dovrei
accontentarvi?»
Alicya
sussultò, riconoscendo la perversa logica della domanda. Non sapendo
come difendersi attaccò: «Ballare e perdere al tavolo da gioco non
sono la stessa cosa.»
A
quelle parole lord Darkwood rise, una risata breve.
«Ne
siete sicura?» disse e, subito dopo, si congedò baciandole il dorso
della mano, senza darle modo di aggiungere altro.
Mentre
risaliva in sella indirizzò un gesto di saluto a lady Egginwick e
alle due ragazze. Alicya pensò che era arrogante e maleducato.