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sabato 7 dicembre 2019

Georgette Heyer * Sophy la grande

(Titolo originale “The Grand Sophy”, traduzione di Anna Luisa Zazo; originale pubblicato nel 1950; prima edizione italiana del 1981; poi 2012)





Nella quarta di copertina Sophy, la protagonista di questo romanzo, viene avvicinata a Emma, l'eroina della Austen. A mio parere questo genere di confronti non ha molto senso: considerato il fatto che, come è noto, le possibili trame sono un numero molto limitato (poche decine) risulta piuttosto difficile scriverne di originali. Stesso discorso si può fare per i personaggi, o meglio per certi tratti principali. L'originalità sta dunque nel modo di narrare e in tutto ciò che oltre alla trama costituisce un romanzo. Perciò, se ogni ragazza che briga per concludere matrimoni delle amiche viene considerata una copia di Emma, secondo me si fa un torto sia ad Emma che alla ragazza.

Nel caso di Sophy e della Heyer, in particolare, l'accostamento mi pare piuttosto fuorviante. Le due figure femminili non hanno niente in comune (personalmente preferisco Sophy, Emma mi è sempre piaciuta poco come personaggio) e nemmeno le loro azioni. Emma immagina di avere un talento per combinare matrimoni, ma non è affatto così (Harriet lo scoprirà a sue spese), mentre Sophy opera per aiutare le persone che conosce, qualunque sia il loro problema, e vi riesce. E lo fa in modo tanto irruento e originale che chi la frequenta da tempo la considera “pericolosa” (e chi la frequenta da meno si renderà conto presto di quanto possa esserlo, anche se per un buon fine).

Tanto per rendere l'idea, ecco come le si rivolge un amico, incontrandola nel parco e non sapendo che fosse a Londra:

“Sono ragionevolmente certo, cara Sophy, che non possiate essere a Londra da molti giorni. Non ho saputo di alcuna catastrofe occorsa in città, e sapete quanto io sia veloce nel conoscere le notizie.”

Sophy, orfana della madre dall'età di cinque anni, ha vissuto sempre con il padre, da lei chiamato sir Horace, in varie parti d'Europa; ha vent'anni e il padre, che si deve recare in Brasile, non può portarla con sé e la lascia a Londra, ospite della sorella, lady Ombersley, la cui famiglia ha problemi economici, dovuti a debiti contratti dal capofamiglia e pagati, almeno in parte, dal figlio maggiore, Charles, che ha ricevuto un'eredità da un ricco parente e che pertanto amministra la proprietà al posto del padre (e in modo migliore).
Quando Sophy giunge a casa della zia vi porta una ventata di novità e allegria e trova diversi problemi da risolvere: con il suo ingegno e impegno e una dose di incoscienza li risolverà tutti, in modi più e meno fantasiosi (sopratutto più, naturalmente).

Fra i vari personaggi ve ne sono alcuni dipinti con particolare ironia (esasperando le rispettive caratteristiche), come Augustus Fawnhope, un poeta di cui si è innamorata Cecilia, la bella cugina di Sophy; il giovanotto è sempre immerso nella creazione di un componimento, di continuo gli vengono in mente versi e immagini da riportare su un foglio... Tanto per far capire il tipo: quando lui accompagna Cecilia e Sophy ad acquistare una carrozza per quest'ultima...

Quando (le ragazze) si rivolsero al signor Fawnhope per avere una sua opinione, non lo videro accanto a loro e lo scoprirono seduto in estatica ammirazione di una berlina da cerimonia, non dissimile a una vasta tazzina da prima colazione in equilibrio su molle allungate. Era coperta da un tetto a cupola, era sovraccarica d’oro e aveva la cassetta per il cocchiere, inalberata sulle ruote davanti, ricoperta di velluto azzurro a frange d’oro.
“Cenerentola!” disse con grande semplicità il signor Fawnhope.
Il direttore del magazzino disse che a suo avviso il cocchio, che teneva soltanto come pezzo d’arredamento, non era quelche la signora desiderava.
“Il cocchio per una principessa,” proseguì il signor Fawnhope.
“In questo, Cecilia, voi dovreste recarvi. Con sei cavalli bianchi dalle gualdrappe azzurre e il capo piumato.”
A Cecilia l’idea pareva ineccepibile, tuttavia ricordò al suo diletto che erano là per aiutare Sophy a scegliere una carrozza sportiva.
“Prenderò quel phaeton,” disse Sophy. “Ho deciso.”
Il direttore parve sconvolto, poiché il veicolo che Sophy indicava non era il phaeton che egli pensava avrebbe scelto, una carrozza elegante, assai adatta a una signora, ma un modello a timone alto con il corpo a non meno di un metro e mezzo da terra.

Nel brano appena riportato, oltre ad avere un tiepido esempio del carattere del poeta, si può avere anche un accenno a quello di Sophy, persona decisa e, per dirla con il padre:

“Ha la testa sulle spalle, la mia Sophy. Io non mi do mai alcuna pena per lei.”

Un romanzo davvero piacevole e una protagonista speciale, proprio una grande Sophy, che guarda la vita e il mondo intorno senza farsi illusioni ma con buon senso e usa la fantasia per superare gli ostacoli. I molti altri personaggi sono tutti perfettamente riusciti.



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