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martedì 3 dicembre 2019

Georgette Heyer * L'anello

(Titolo originale “The Talisman Ring” (titolo tradotto inizialmente come “Talismano d'amore”), traduzione di Anna Luisa Zazo; originale pubblicato nel 1936; edizione italiana del 1979, poi 2017)




Mi viene spontaneo dividere i due gruppi i romanzi di Georgette Heyer che ho letto fino a questo momento: benché le caratteristiche principali, ovvero l'ironia e l'accurata descrizione dei costumi dell'epoca in cui le storie sono ambientate, trovo che ve ne siano alcuni in cui l'ironia prevale a tal punto da divenire a tratti comicità, altri in cui le vicende narrate sono più realistiche, per quanto sempre piuttosto avventurose e/o originali.



"L'anello", a mio parere, appartiene al primo gruppo, durante la lettura mi sono trovata infatti più volte a ridere di gusto. Come in altri romanzi anche in questo troviamo una fanciulla giovane, Eustacie, con la mente piena di idee romantiche e scarso senso pratico, dotata di una logica decisamente originale. Insieme agli altri personaggi, tutti magistralmente disegnati, la ragazza riuscirà a vivere le avventure sognate e anche a trovare l'amore.
Fuggita da Tristam, un cugino che non vuole sposare, Eustacie si imbatte in un altro cugino, Ludovic, che vive di contrabbando da quando sul suo capo pende una condanna per omicidio. I due approdano in una locanda in cui alloggiano un giudice di pace e la sorella, anch'essa desiderosa di vivere un'avventura anche mostra di possedere una discreta dose di buon senso. Le due donne decidono di aiutare Ludivic a dimostrare la propria innocenza e a loro si unisce anche Tristam, giunto alla locanda in cerca di Eustacie; i quattro si adoperano per nascondere Ludovic alle guardie che lo cercano e a ritrovare l'anello a talismano che dà il titolo al romanzo, un gioiello di famiglia sottratto dall'assassino alla vittima, che lo aveva vinto al gioco a Ludovic, per far ricadere la colpa su di lui.
Una storia davvero divertente, di un'ironia scoppiettante.

Per darvene un'idea, ecco un dialogo fra Tristam ed Eustace, quando entrambi pensano di doversi sposare (per volontà del nonno di lei) e lui le dice che dovrà andare a vivere a Bath con sua madre per un periodo, prima del matrimonio.

“E dunque, che mai dovrei fare a Bath?”
“Temo dovrete rassegnarvi a un periodo di quiete.”
“Quiete?” esclamò Eustacie con voce ansante. “Ancora e sempre quiete?”
Suo malgrado, sir Tristram rise: “È dunque tanto orribile?”.
“Oh, sì che lo è! Prima il Sussex e poi Bath e il whist! E infine mi condurrete nel Berkshire, dove morirò.”
“Mi auguro che non lo facciate!”
“E che altro potrei fare?” ribatté luttuosamente Eustacie. “Ho avuto una vita infelice senza alcuna avventura; vi sarebbe da stupirsi se mi spegnessi di consunzione? Ma poiché non mi accade mai nulla di romantico,” aggiunse con amarezza, “certo morirò di parto, come chiunque.”
Sir Tristram arrossì d’imbarazzo. “Eustacie, ve ne prego!”
Eustacie era troppo assorta nei suoi tristi pensieri per prestargli ascolto. “Vi darò un erede,” disse, “e ne morirò.”
D’un tratto l’immagine le parve attraente. “Tutti diranno che ero molto giovane per morire e vi chiameranno dalla bisca dove…”
“Mi chiameranno dalla… ?”
“Dalla bisca. O da un combattimento di galli. Non ha alcuna importanza! Ma voi proverete rimorso quando saprete che io sto morendo e balzerete a cavallo e galopperete ventre a terra per giungere al mio capezzale e io vi perdonerò e…”
“Ma di che andate parlando? Che cosa dovreste perdonarmi? E perché dovreste… Che sciocchezze sono mai queste?”  
Brutalmente destata dal suo sogno di romantiche sventure, Eustacie sospirò. “Soltanto quel che pensavo potesse accadere,” disse.
“Pare a me,” ribatté severamente lui, “che vi abbandoniate troppo alla fantasia. Permettetemi di dirvi che non frequento bische né combattimenti di galli! E neppure,” aggiunse lievemente divertito, “è mia consuetudine balzare a cavallo.”
“Immagino di no, e non galoppate ventre a terra. Non è necessario me lo diciate. Lo so.”
“Soltanto in una partita di caccia.”
“Forse lo fareste se io fossi sul mio letto di morte?” chiese lei aprendosi alla speranza.
“Certo che no. Se foste sul letto di morte sarebbe assai improbabile che io sia lontano. Vorrei che vi liberaste di questa idea. Perché dovreste morire?”
“Ve l’ho pur detto! Io…”
“Sì. Non è necessario che lo ripetiate. Vi sono cose di cui potremo parlare dopo le nozze.”

Georgette Heyer (1902 – 1974), scrittrice inglese, ha pubblicato molti romanzi ambientati nel periodo georgiano e della reggenza, ma anche in epoche precedenti, contemporanei e gialli.





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